Quale ideologia im-perversa dietro alla rete?

Dapprima ristretto a questioni tecnico-scientifiche col progetto ARPANET, oggi Internet è fruibile alla massa in un anonimato sostanziale dove non si sa, di fatto, chi esprime cosa.

Sono gli Stati Uniti a difendere il diritto all’anonimato che, secondo la Corte Suprema, sarebbe uno scudo contro la tirannia della maggioranza. L’anonimato assurgerebbe a paradigma della libertà di pensiero, mentre la Rete diventa il luogo dove viaggia il brand dell’idea.

Un’utopia di uguaglianza e democrazia che è piuttosto l’ultimo baluardo di una società consumistica del terzo millennio, dove devi necessariamente offrirti con le migliori strategie di comunicazione e marketing perché la tua idea possa avere “valore”.

Un’omologazione culturale in cui chi provi a esprimere posizioni identitarie si trova ad affrontare il branco della “giustizia fai da te” della Rete. Anche quella dell’anonimo “intelligente” e impunito che può attaccare chi s’identifica.

In Italia l’anonimato non è costituzionalmente garantito, se non come diritto alla riservatezza dei dati personali: seppur non siano vietate comunicazioni anonime, può essere imposto l’obbligo di rivelare la propria identità.

Un’ideologia contraddittoria è quella che incombe sulla Rete che, dietro un’apparenza di democrazia e uguaglianza a scapito della certezza dell’informazione e della responsabilità degli utenti, vuole il liberalismo di una minoranza di utenti che sa, viceversa, come offrirsi sul mercato e proteggere il proprio anonimato.

La materia è controversa e trattata differentemente secondo i diversi ordinamenti. Un sito destinato alla valutazione di pubblici dipendenti da parte dei cittadini in forma anonima è stato giudicato differentemente in Francia piuttosto che in Germania. Mentre i cugini francesi rilevano un illecito trattamento di dati personali compiuto senza il consenso degli interessati, i colleghi alemanni giudicano le qualità e i difetti di ciascun pubblico dipendente una materia di pubblico interesse che deve essere espressa senza timore di ritorsioni personali nell’anonimato immanente a internet.

BUON SENSO pretenderebbe anche di dimostrare il rischio di ritorsioni laddove si esprima la giustezza delle proprie idee.

Sembra piuttosto che si voglia autorizzare un nuovo Golia 2.0 a invadere la Privacy dei cittadini a favore di pochi.

Un tentativo di omologare, e far soccombere, chi si assume la responsabilità delle proprie idee di fronte a una massa che la distribuisce in nome di un’immunità legata solo alle logiche del profitto.

Marina Adele Pallotto